Dopo la denuncia del giornalista Gianluca Nicoletti, che in un’intervista ha annunciato il “bisogno di scrivere un altro libro”, si leva la voce di altre famiglie. Marina Cometto, mamma di una donna gravemente disabile: “In tanti subiamo, ma in pochi denunciamo"
21 gennaio 2014
ROMA – “Amiche-nemiche, assolutamente indifferenti, a volte vessatorie”: così Marina Cometto, mamma di una donna gravemente disabile, vede e sente le istituzioni. Un problema che osserva con attenzione e costanza e con cui continuamente si scontra, da quando, ormai 40 anni fa, nacque sua figlia. “Anche io ho deciso di raccontare tutto questo in un libro – annuncia, prendendo spunto dalla denuncia di Gianluca Nicoletti, il giornalista e papà di un ragazzo autistico, che proprio in questi giorni, “dopo l’ennesimo caso di abbandono subito da mio figlio Tommy”, ha messo mano al suo secondo libro.
Un rapporto complicato, quindi, quello tra le famiglie di disabili e le istituzioni che dovrebbero sostenerle nella fatica quotidiana dell’assistenza e dell’inclusione. Una fatica che, proprio prendendo spunto dal “bisogno di denuncia” espresso da Nicoletti, anche altri oggi prova a raccontare. “Moltissime famiglie con disabilità si sentono abbandonate e vivono esperienze come quella raccontata recentemente da Nicoletti – spiega Cometto – ma solo poche sono disposte a denunciare. Hanno paura: non so di cosa, ma hanno paura…”.
Ma quali sono i casi più frequenti in cui questa “inimicizia” delle associazioni si manifesta? Abbiamo chiesto ad alcune mamme, di solito principali e fondamentali “caregiver” dei ragazzi (e ormai anche degli adulti) con disabilità, di raccontarci alcune esperienze.
A rompere il ghiaccio è proprio Marina Cometto, che tra i tanti casi che le vengono in mente, sceglie di raccontarci il più recente: “In questi giorni sono impegnata come madre e come tutrice a far rispettare i diritti di mia figlia sul fronte medico-legale Secondo la logica, ma anche secondo un principio di giustizia e democrazia, se un farmaco integratore è prescritto da un Centro di riferimento riconosciuto dall’Iss (Istituto superiore di Sanità) come 'necessario', allora dovrebbe essere fornito gratuitamente dalla Asl. Invece, sebbene anche il centro di malattie rare regionale che segue Claudia abbia dato parere favorevole, il servizio farmaceutico ospedaliero oppone il suo rifiuto, perché il Dm del 2001 (“Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie”, ndr) non lo nomina. Non si rendono conto che 12 anni fa quel prodotto non era conosciuto per gli effetti positivi su questa patologia? Non ricordano che di fatto la sanità è ormai gestita a livello regionale? Hanno paura di prendersi responsabilità, si cibano di burocrazia e condannano i pazienti e le loro famiglie a spese spesso insostenibili. Nel giro di una settimana, presenterò ricorso: ci costringono a questo, a una vita piena di ostacoli e di carta bollata”.
Al problema delle cure sanitarie, si aggiunge quello dell’assistenza, che pesa in grandissima parte sulle famiglie: “Ogni famiglia è abbandonata a se stessa – denuncia Maria Polizzi - a meno che non stia economicamente così bene, da potersi permettere un aiuto. Quando per una disabilità gravissima, che richiede un'assistenza 24 ore su 24, le istituzioni ti offrono 15 ore settimanali (ma c'è anche chi ha meno ore?), tutto pesa sulla famiglia. Questa, in nome di quel sentimento d'amore con cui si lega al figlio/a, è così costretta a rinunciare ogni giorno a qualcosa: e questo non è abbandono? Essere costretti a rinunciare al lavoro, per assistere il proprio figlio/a, fratello o sorella: anche questo è abbandono. Essere costretti a internare i nostri figli disabili in una struttura quando non si è più in grado di assisterli, perché questa è l'unica soluzione che lo Stato ti offre: anche questo è abbandono. Aver impegnato tutta la vita ad assistere una persona non autosufficiente, costretta dallo Stato, che non mi riconosce neppure il diritto al riposo, alla salute e alle pause destinate alle relazioni sociali: anche questo è abbandono. Penso che siamo ostaggi in mano alle istituzioni, che poco tengono conto del sociale come base di civiltà di un popolo”.
Concorda Maria Simona Bellini, che aggiunge: “queste logiche esistono solamente nel nostro paese, affetto da un cancro insanabile: gli interessi privati! In nome di questi, in Italia si compiono le più orribili barbarie e, con la complicità di una politica putrida si abbandonano a loro stessi i cittadini più fragili e si trascina il paese verso il punto più basso che la nostra cultura sociale abbia mai toccato”. (cl)
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