
Ci ho tenuto fortemente a pubblicare la storia di Betta e di sua figlia Daniela perchè è la storia di una delle nostre mamme coraggio che ogni giorno lottano non solo per portare avanti una vita il più normale possibile ma soprattutto per dare alla propria figlia una vita il più dignitosa possibile.
Ho voluto farvi partecipi, anche grazie a Betta che me lo ha consentito, di una testimonianza ricca di speranza, fede ma anche di momenti di sconforto, di una ricerca spasmodica di una normalità e di una vita straordinaria resa il più possibile normale dalle attenzioni amorevoli verso la figlia gravemente ammalata.
Una storia che ha tanto da insegnare perchè in ogni riga c’è una morale, un insegnamento ed anche, nonostante tutto, gratitudine nell’avere la propria bimba ancora accanto.
Una storia di forza, determinazione e positività ripagata dal vedere la dolcezza di un sorriso, come qualcosa di unico e soddisfacente per se e per gli altri.
Una storia d’amore infinito tra una madre, il padre e la propria bimba.
(Maria Cappelluti)
di Betta Grillo - Appoggiati a me
Sono Betta, la mamma di Daniela, una bimba speciale che da sei anni riempie ogni giorno le nostre vite di un amore immenso, fatto di gioie, di sacrifici di sofferenza e di tanta speranza.
Quando vivi una vita diversa ti rendi conto che tutto quello che ti circonda non corrisponde a quello che tu avresti voluto per te e per chi ti sta più a cuore.
Vivere ogni giorno con l’angoscia nel cuore che ti logora sempre di più. Quell’angoscia che da spazio alla tranquillità solo quando vedo sorridere e star bene la mia bambina, Daniela.
Quando è nata ci ha resi i genitori più felici del mondo.
Nei primi mesi di vita i miei occhi e quelli del suo papà Sergio vedevano solo una bimba molto bella e normale. Ma, adesso, se guardo un altro bimbo di pochi mesi, mi rendo conto che mia figlia già nelle prime settimane di vita aveva qualcosa che non andava e che non avrei mai pensato che questi segnali sarebbero stati il preludio dei successivi 14 mesi trascorsi in ospedale.
Daniela lotta da 6 anni contro la “sindrome delle crisi parziali migranti dell’infanzia”. Una patologia spietata che comporta la presenza ogni giorno di crisi epilettiche scarsamente controllate dai farmaci antiepilettici.
Combatte ogni giorno con un male che è molto più grande di lei, come un leone e che noi restiamo impotenti a guardarla nei momenti di malessere.
In quei momenti cerchi di vivere una vita normale, una normalità tanto fragile che basta un niente per infrangersi.
Affrontare la malattia, vedere star male tua figlia e non poter far nulla per migliorare la sua condizione è il dolore più forte che una mamma e un papà possano provare.
La desolazione, lo sconforto, la paura, la speranza di un giorno nuovo, avere una vita normale come tutti gli altri, fanno parte dei nostri pensieri quotidiani e fino a quando questo non accadeva, non avrei mai pensato che avere un figlio sano fosse un dono e non la normalità.
Quando Daniela sta male la sua gestione diventa pesante e pericolosa e solo con l’amore, la buona volontà, il coraggio e, ringraziando Dio, anche ciò che ci hanno insegnato nella rianimazione del Bambino Gesù di Roma dove Daniela è stata per 12 mesi, che quei giorni si risolvono al meglio.
Dimenticarsi per lunghi e interminabili attimi di essere mamma e diventare dottore, rianimatore, ventilare, usare farmaci, anestetici, aspettare che la crisi passi contando gli atti respiratori, monitorizzando il battito cardiaco, la saturazione, tutte cose che in quei momenti ti fanno diventare fredda, ti fanno scordare che di fronte hai tua figlia e che da un momento all’altro potrebbe accadere l’inevitabile.
Vivo per lei!
Non le faccio mancare mai la mia presenza per non farla vagare con lo sguardo nel nulla.
Rubarle un sorriso, una carezza dare un senso ai suoi movimenti non coordinati, ai suoi pensieri, alla sua scarsa attenzione è il mio scopo.
La mia vita è finalizzata a creare il benessere intorno a lei. Essere le sue braccia, le sue gambe, i suoi pensieri, attirare la sua scarsa attenzione è il mio scopo.
Nei momenti di sconforto il dolore mi assale, subentra l’angoscia e la rabbia perchè pensi che nonostante i sacrifici della malattia, Daniela non guarirà’mai e che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo.
Mi sento impotente!
Ho paura, ma credo in Dio, in quel Dio che penso sempre ci aiuti nei momenti di difficoltà e che un giorno allevierà tutte le sofferenze della mia bimba, lo ha permesso, le ha già permesso una volta di riprendersi la sua vita, e con il cuore in mano gli chiedo ogni giorno il miracolo di darle una vita più tranquilla, di permetterle di capire cosa la circonda e di tutto il bene che le vogliamo e che possa un giorno riuscire a camminare, ad abbracciarmi, a farmi una carezza e il miracolo più bello e sentire la sua voce chiamarci mamma e papà.
La volontà divina, una cosa bella da accettare ma triste se pensi temi (come a volte, presa dallo sconforto, mi capita di pensare) che questa sia una punizione. Forse perchè non mi sono comportata bene con il mio prossimo, ho avuto a volte pensieri di presunzione di essere immune alla sofferenza, questo accade quando tutto nella vita va a gonfie vele.
Però poi penso se questa fosse una punizione il Signore non mi darebbe tutta questa forza.
Ed io c’è ne ho tanta per me ma soprattutto per la mia bambina che alimenta costantemente la sua voglia di vivere e anche l’amore tra me e suo padre.
Lui è una persona eccezionale. Ho sentito di tanti papà che hanno abbandonato la famiglia perchè non sono riusciti ad accettare la situazione. Invece lui è molto presente nella nostra vita, gestisce Daniela e tutte le sue cose come se lo sapesse fare da sempre, non si è mai tirato indietro.
A volte gli chiedo se è il caso di cambiare qualcosa nella nostra vita di trovare qualcosa che ci desse una svolta ma poi ci basta guardare Daniela mentre sorride e la vediamo felice e mi ricordo di tutto quello che di brutto c’è stato e che ci può essere e dico: nella nostra vita c’è già stata una svolta, viviamoci questa intensamente e teniamocela stretta perchè ci vuole poco ad averne una più brutta.
Non potrò mai dimenticare quei lunghi mesi interminabili trascorsi dietro la porta della rianimazione dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù, aspettare che si aprisse una porta per vedere tua figlia solo un’ora al giorno.
Quanto ho pianto!
Aspettavo che passasse chiunque del reparto per chiedere informazioni, aspettando una parola di conforto che spesso non arrivava mai. Ricordo la solita frase ascoltata per 12 lunghi e interminabili mesi: “Signora, stanotte abbiamo dovuto mettere sua figlia in coma farmacologico, sua figlia… si faccia forza… potrebbe non farcela”.
Il mio rifugio era la piccola chiesetta dell’ospedale. Li ci stavo bene, mi sedevo e lasciavo parlare il cuore, ho pregato con tante altre famiglie che stavano vivendo situazioni simili alla mia.
Oggi la nostra giornata a casa?
Un caos molto organizzato con un gran via vai di amici e parenti: ogni giorno il super pediatra si alterna con i super terapisti, l’infermiera e la maestra di sostegno che con il loro lavoro, l’amore per la loro professione e per mia figlia, fanno in modo che la normalità non venga intaccata dalla malattia.
E poi riceviamo le visite dei nonni, degli zii e dei suoi pestiferi cuginetti che amiamo tanto.
Tutto questo mentre la nostra bimba è monitorata tutta la giornata con un sensore all’alluce che registra costantemente l’ossigenazione del suo sangue e la sua frequenza cardiaca.
Più volte al giorno dobbiamo rimuovere i muchi dai bronchi di Daniela utilizzando un aspiratore elettrico.
Un altro strumento che utilizziamo è la pompa elettrica per somministrare la pappa omogeneizzata attraverso la PEG.
Le ore della giornata passano velocemente, cadenzate dalle numerose somministrazioni di farmaci, dalle cure speciali ma anche normali che richiede quotidianamente una qualsiasi bambina, dalle canzoncine che gli canto, dai balletti che mi invento e dalle tante e tante coccole che non ci stanchiamo mai di farle.
E intanto così la nostra bambina cresce le sue guance hanno ora un colorito roseo ha messo anche un pochino di ciccia nei punti giusti.
Daniela adesso ha 6 anni.
Conduce una vita il più normale possibile ma combatte ogni giorno con 100 problemi dovuti alla sua patologia soprattutto combatte con tenacia ogni giorno con la vita, dandoci molte preoccupazioni ma anche attraverso i sorrisi tanta forza e tanta speranza, che solo le mamme e i papà di un bimbo malato sanno tirar fuori.